28 Ago Le conseguenze del reato. Le pene
La pena rientra nella categoria delle sanzioni punitive, consistendo in una misura afflittiva irrogata all’autore di un reato, in conseguenza dell’accertamento dell’illecito.
La pena persegue tre distinte funzioni, presentando tre caratteri essenziali.
- funzione retributiva, ovvero si infligge una punizione al reo come corrispettivo per il male fatto;
- funzione specialpreventiva, tendente a far sì che il destinatario della sanzione sia indotto a non delinquere nuovamente in futuro, mediante risocializzazione o, nei casi estremi, neutralizzazione del reo;
- funzione generalpreventiva, imperniata sulla deterrenza profusa nei confronti della collettività dall’inflizione di una pena a determinati individui.
Ad ogni modo, dall’applicazione di una pena discende l’automatica produzione di ulteriori effetti penali, come le pene accessorie e la valutazione della personalità del reo e della sua pericolosità sociale, in relazione agli istituti della recidiva, dell’abitualità e professionalità nel reato, della tendenza a delinquere.
I principi costituzionali destinati ad assumere rilievo con riguardo alla materia delle sanzioni penali sono:
- il principio di legalità della pena, sancito dall’articolo 25, comma 2 della Costituzione;
- il principio di personalità della responsabilità penale di cui all’articolo 27, comma 1 della Costituzione, il quale implica tra l’altro che l’entità della pena stessa deve essere proporzionata alla colpevolezza individuale, non potendo mai eccedere la misura corrispondente al grado di quest’ultima;
- la proporzionalità della pena è dotata di copertura costituzionale non solo nell’articolo 27, ma anche nell’articolo 3 della Costituzione, laddove sancisce il potere dovere dello Stato di trattare in modo diverso situazioni disuguali: è tale il principio che induce a ritenere che la discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena sia un valore imposto costituzionalmete, con conseguente necessità che il legislatore quantifichi le pene in misura proporzionale, fissando una cornice all’interno della quale il giudice possa quantificare la pena tenendo conto delle peculiarità del caso concreto. Da ciò discende la tendenziale illegittimità costituzionale degli automatismi sanzionatori e delle cosiddette pene fisse, che non permetterebbero il necessario adeguamento alle peculiarità oggettive e soggettive del caso concreto;
- il principio di umanizzazione della pena, dedotto dal terzo comma dell’articolo 27 della Costituzione secondo cui “ le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità”, che si riallaccia al principio del doveroso rispetto della personalità umana, sottoforma di dignità del condannato, come peraltro desumibile dall’articolo 2 della Costituzione;
- il principio della finalità rieducativa, disposto dallo stesso articolo, comma 3 della Costituzione, laddove dispone che “ le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”, così ascrivendo alla sanzione una spiccata funzione di prevenzione speciale. La funzione rieducativa affidata alla pena emerge, ad esempio, dalla scelta legislativa di prevedere istituti quali la sospensione condizionale della pena, la liberazione condizionale e le misure alternative alla detenzione, all’evidenza coniati in un’ottica di risocializzazione;
- il divieto della pena di morte, sancito dall’articolo 27, comma 4 della Costituzione.
Ai sensi dell’articolo 132 del Codice penale, nei limiti fissati dalla legge il giudice applica la pena discrezionalmente. Nell’aumento o diminuzione della pena il giudice non può, quindi, oltrepassare i limiti per ciascuna specie di pena, salvi i casi espressamente determinati dalla legge. Il potere di natura discrezionale consente al giudice di adeguare la risposta sanzionatoria alle peculiarità del caso concreto. Si tratta, peraltro, di discrezionalità vincolata, regolata dall’apposizione di limiti, da rispettare nella determinazione della pena. Si è soliti distinguere tra:
- limiti esterni, che individuano il minimo e il massimo della pena irrogabile per ciascun reato;
- limiti interni, rappresentati da criteri fattuali ( gravità del fatto e capacità a delinquere del colpevole), che guidano il giudice nella determinazione in concreto della pena da irrogare.
L’articolo 132 del Codice penale pone in capo al giudice l’obbligo di motivare le ragioni della concreta quantificazione effettuata: secondo l’orientamento prevalente, sarà sufficiente che il giudice espliciti il proprio convincimento richiamandosi agli elementi ritenuti prevalenti previsti dall’articolo 133 del Codice..
Tale obbligo si reputa assolto anche in caso di motivazione implicita, ossia quando, in assenza di una sezione della sentenza espressamente dedicata alle ragioni giustificative del quantum di pena irrogato, le stesse siano desumibili dalla motivazione complessivamente intesa.