11 Set Le cause di giustificazione nel diritto penale. Il consenso dell’avente diritto.
Nell’ambito del diritto penale, perchè una condotta determini l’applicazione di una sanzione, deve essere antigiuridica.
L’antigiuridicità viene meno se una norma diversa da quella incriminatrice, e desumibile dall’intero ordinamento giuridico, facoltizza o impone quel medesimo fatto che costituirebbe reato: si definiscono cause di esclusione dell’antigiuridicità o cause di giustificazione (ovvero anche <<scriminanti>>, <<giustificanti>>, <<esimenti>>), appunto, quelle situazioni normativamente previste, in presenza delle quali viene meno il contrasto tra un fatto conforme ad una fattispecie incriminatrice e l’intero ordinamento giuridico.
Nel prosieguo esamineremo una delle cause di giustificazione prevedute dagli artt. 50 ss. del Codice penale, il consenso dell’avente diritto, esimente di portata generalissima, come tale applicabile a quasi tutti i reati (cause di giustificazione c.d. comuni).
L’articolo 50 stabilisce: <<Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne>>.
Perchè esplichi efficacia scriminante, il consenso deve essere libero e spontaneo; può essere prestato in qualsiasi modo ed è indifferente il mezzo (scritto, orale, ecc.) con cui si manifesta. Può anche essere desunto dal comportamento oggettivamente univoco dell’avente diritto (consenso c.d. tacito) purchè sussista al momento del fatto. Non scrimina, invece, il consenso successivo o ratifica. Non si esige neppure che la volontà del consenziente giunga effettivamente a conoscenza del destinatario.
La legittimazione a prestare il consenso spetta, innanzitutto, al titolare del bene penalmente protetto; nel caso di più titolari, occorrerà il consenso di tutti i cointeressati.
Il soggetto legittimato a consentire deve possedere la capacità di agire, che finisce col risolversi in una capacità di intendere e di volere da accertare caso per caso: sicchè, basta che il giudice accerti di volta in volta che il consenziente possegga una maturità sufficiente a comprendere il significato del consenso prestato.
In alcuni casi, è la legge stessa che fissa un’età minima: ad es. 14 anni in materia di corruzione di minorenne (art. 609 quinquies) e 14, 16 o 13 anni in relazione alle diverse ipotesi di atti sessuali con minorenne (art. 609 quater). La maggiore età, oggi fissata al compimento del diciottesimo anno, è invece necessaria per poter validamente consentire alla lesione di diritti patrimoniali.
Il consenso, inoltre, deve avere ad oggetto diritti disponibili. L’interesse alla repressione infatti viene meno soltanto se il consenso ha ad oggetto la lesione di beni di pertinenza esclusiva (o prevalente) del privato che ne è titolare.
Spetta all’interprete l’individuazione dei diritti disponibili – posto che l’art. 50 del Codice penale non li precisa – ricavandoli dall’intero ordinamento giuridico e dalla stessa consuetudine.
Comunemente, si ritengono disponibili i beni che non presentano una immediata utilità sociale e che lo Stato riconosce esclusivamente per garantirne al singolo privato il libero godimento. In applicazione di questo criterio guida, si annoverano tra i diritti disponibili innanzitutto i diritti patrimoniali. In questo caso, per fare un esempio, se Tizio si impossessa di alcuni oggetti altrui, col consenso del proprietario dell’appartamento dal quale gli oggetti stessi vengono sottratti, in virtù del rapporto di amicizia e familiarità che lo lega a costui, non sarà punibile. Il consenso, in questo caso, scrimina, avuto riguardo alla natura degli interessi tutelati, essendo la fattispecie di furto finalizzata alla protezione di interessi tipicamente patrimoniali.
Indisponibili comunemente si considerano, invece, tutti gli interessi che fanno capo allo Stato, agli enti pubblici e alla famiglia.
Tra i beni indisponibili va, poi, indubbiamente annoverato il bene della vita, come peraltro si desume anche dagli artt. 579 e 580 che incriminano l’omicidio del consenziente e l’istigazione al suicidio.